L'Alcova di Ganimede

in corso
San Rocco - Louis Dorigny

Il 19 gennaio 2024 il Museo d’Arte Sacra San Martino, in collaborazione con l’Accademia Carrara, ha inaugurato l’arrivo della settecentesca Alcova di Ganimede di Grazioso Fantoni il Giovane nel Salone d’onore di Palazzo Pelliccioli, dove rimarrà esposta venendo inclusa nel percorso museale. In seguito al riallestimento delle sale della Carrara, terminato a febbraio 2023, la monumentale scultura fantoniana, impossibilitata a far parte della collezione permanente, ha trovato una nuova sede espositiva nel complesso della Basilica di San Martino ad Alzano Lombardo, che già ospita e custodisce molti capolavori dei maestri della bottega di Rovetta, tra i quali figurano gli arredi lignei delle tre celebri Sagrestie. Sarà così possibile ammirare nel medesimo luogo capolavori sacri e profani della bottega dei Fantoni, instaurando un nuovo dialogo soprattutto tra le sculture di Andrea per la Seconda Sagrestia e di Grazioso il Giovane per l’Alcova, che da quei mobili sacri trae ispirazione.

Il 12 gennaio 1774 Gerolamo Sottocasa, di famiglia originaria dello Stato di Milano, ma residente a Bergamo, riceveva dalla Serenissima Repubblica di Venezia l’ambito titolo comitale. L’anno successivo convolava a nozze con Elisabetta Lupi, appartenente a una famiglia bergamasca di antica aristocrazia e, come dono nuziale per l’amata, commissionava alla bottega dei Fantoni un elaborato apparato decorativo da collocare nella salle de chambre: un setto ligneo che divideva il letto coniugale dal resto della stanza, quello che oggi è noto come Alcova di Ganimede o Alcova Sottocasa.

Non è noto se il grande apparato intagliato dai Fantoni per Gerolamo Sottocasa fosse originariamente collocato nel palazzo patrizio di Bergamo o nella villa di Pedrengo, dove si svolsero le nozze e dove per l’occasione venne allestito un teatro di soggetti mitologici e pastorali. Fu poi spostato presso villa Agnesi di Montevecchia, mentre nel 1978 è documentato nuovamente presso una dimora della famiglia Sottocasa a Pontida. Solo nel 1995 Elisabetta Sottocasa donò l’opera all’Accademia Carrara di Bergamo, dove è rimasta esposta fino all’ultimo riallestimento del gennaio 2023.

L’Alcova, terminata nel 1775, opera di Grazioso Fantoni il Giovane e della sua bottega, si presenta come un’imponente struttura in legno di noce, sulla quale sono applicate sculture in legno di tiglio, con un fornice centrale e due finestre laterali poligonali attorniate da girali. Dal punto di vista iconografico, iniziando dall’ordine inferiore, affiancati da putti che si reggono a festoni drappeggiati, si trovano i riquadri raffiguranti il mito di Apollo e Pan e quello di Ercole e Onfale caratterizzati da una doppia cornice. Il secondo registro è scandito da tre grandi aperture: ad incorniciarle, ammorbidendone i profili, si stagliano quattro figure a grandezza naturale in piedi, cioè il Pensiero scientifico, la Poesia, l’Alba di un giorno di lavoro e la Notte. Nell’ultimo registro si trovano, all’interno di riquadri dai contorni mistilinei, impreziositi da foglie di acanto e contornati da telamoni ammantati da drappi, due allegorie riferibili alla famiglia Sottocasa. Sopra l’arco che raccorda tutto l’apparato iconografico si erge il gruppo scultoreo di maggior rilievo con Giove che, tramutato in aquila, rapisce in volo il bellissimo giovane Ganimede per portarlo nell’Olimpo a svolgere la sua attività̀ di coppiere degli dei. L’aquila, con le ali spalancate e le piume descritte dal magistrale lavoro di intaglio – più̀ lunghe e mosse dal vento quelle delle estremità̀ e più̀ piccole e rigide quelle dell’attaccatura – tiene saldamente il giovane con gli artigli, ferocemente attaccati alle sue gambe, mentre il resto del corpo dell’uccello si avviluppa attorno al ragazzo. Oltre al significato amoroso e passionale bisogna ipotizzare che questa scelta possa essere legata all’esigenza della famiglia Sottocasa di vedere rappresentato in scala monumentale l’elemento più emblematico del proprio stemma, ovvero l’aquila ad ali spiegate.

a cura di Riccardo Panigada e Alessandra Lasagna