Francesco Capella

Abigail placa Davide

L’olio su tela rappresentante l’incontro fra Abigail e Davide appartiene al primo gruppo di tele realizzate per la Cappella del Rosario della Basilica di San Martino. Come gli altri dipinti rappresenta vicende bibliche aventi per protagoniste eroine in vario modo in grado di richiamare la Vergine Maria. Delle quattro tele originarie (le altre erano state affidate ad Albricci, Raggi e Ferrario) si tratta inoltre dell’unica rimasta in loco. Le altre infatti sono ospitate nelle sale del Museo d’Arte Sacra San Martino. Francesco Capella ebbe la commissione del dipinto il 12 novembre 1769 dai Fabbricieri della chiesa alzanese.
Non si tratta tuttavia del primo incarico affidato ad Alzano al pittore veneziano, infatti sono sue anche tele per le Cappelle della Croce e dello Spirito Santo che si affacciano sulla navatelle della Basilica che da accesso alla Cappella del Rosario. Dipinti che si impongono per l’eleganza del disegno e l’armonia degli accordi dei preziosi grigi violacei e bruni oliva e risultano essere tra le sue più importanti opere di soggetto religioso realizzate nel periodo bergamasco della sua attività.

L’ARTISTA

Francesco Capella nasce a Venezia il 5 luglio del 1711. Fin dai primi anni della sua attività artistica è conosciuto con il soprannome di Daggiù, tanto da essere menzionato come Francesco Daggiù detto il Cappella. Avendo dimostrato fin da fanciullo una grande propensione alla pittura, i genitori lo affidarono alla bottega di Giovanni Battista Piazzetta, uno dei più prestigiosi artisti attivi in laguna. Lo stile del maestro lascerà un’impronta significativa e duratura nel giovane, le cui prime opere consistettero principalmente nel completamento di alcuni affreschi del Piazzetta stesso.
Tra il 1744 e il 1747, Capella si iscrisse alla Fraglia dei pittori veneziani. Presto il valore del suo operato venne riconosciuto, tanto che nel 1747, su richiesta del conte Giacomo Carrara, l’artista venne chiamato a Bergamo con l’incarico di alcune commissioni. Tra queste prime opere in terra bergamasca sono da annoverarsi la Santa Lucia e la Sant’ Apollonia per la Basilica di Alzano. Nell’occasione scrive dell’artista il conte Carrara: «de cotesto Francesco Capella mi sono state date tutte le bene informazioni sì da dilettanti che da Professori, avendomi detto il Tiepoletto [Giandomenico Tiepolo, figlio di Gianbattista] che detto Capella sì nel disegno che nella pittura aveva tutta la maniera del Piazzetta e che infatti era un giovane di grande aspettativa».
L’aristocrazia orobica inizia a richiedere opere al pittore. Particolarmente attiva, oltre al conte Carrara, è la famiglia dei conti Albani, tanto che l’incarico di realizzare una serie di quadri per i soffitti del loro palazzo in città, sarà l’occasione per l’artista, nel 1757, di trasferirsi definitivamente a Bergamo. Qui aprì la sua bottega, più tardi affiancata da una piccola scuola di pittura, frequentata anche da uno dei suoi figli.
Numerosissimi arrivarono anche gli incarichi per le chiese bergamasche, tanto che l’elevata quantità di richieste, specialmente in ambito sacro, spinse Francesco Capella a farsi aiutare nell’esecuzione delle opere da alcuni dei suoi alunni.
Lo stile di Capella ricalca le ricerche di armonia, il cromatismo luminoso, la raffinatezza formale e i sapienti contrasti chiaroscurali del maestro Giovanni Battista Piazzetta. Tuttavia il contatto con la realtà artistica bergamasca portò nuove influenze e ampliò la sua scelta pittorica con la ricerca di soluzioni cromatiche molto più variate. Significativo anche il suo avvicinarsi a Giambattista Tiepolo, con il quale collaborò alla decorazione della Cappella Colleoni di Bergamo.
La sua attività artistica proseguì infaticabile fino alla degli anni Settanta, poi l’artista si ritirò a vita privata. Francesco Capella morì a Bergamo nel 1784.

IL SIGNIFICATO

La grande tela della Cappella del Rosario rappresenta Abigail, moglie di Nabal, che, come si evince nel capitolo venticinquesimo del Primo Libro di Samuele, offre al re Davide una grande quantità di cibarie, placandone così l’ira contro il marito, che aveva osato respingere i suoi soldati.
Nel Primo libro di Samuele (25, 18-35) si legge: Abigàil allora prese in fretta duecento pani, due otri di vino, cinque pecore già pronte, cinque misure di grano tostato, cento grappoli di uva passa e duecento schiacciate di fichi secchi, e li caricò sugli asini. Poi disse ai domestici: “Precedetemi, io vi seguirò”. Ma non informò il marito Nabal.
Ora, mentre ella sul dorso di un asino scendeva lungo un sentiero nascosto della montagna, Davide e i suoi uomini scendevano di fronte a lei ed essa s’incontrò con loro. […] Appena Abigàil vide Davide, smontò in fretta dall’asino, cadde con la faccia davanti a Davide e si prostrò a terra.
Caduta ai suoi piedi disse: “Ti prego, mio signore, sono io colpevole! Lascia che parli la tua schiava al tuo orecchio e tu ascolta le parole della tua schiava. […] Se qualcuno insorgerà a perseguitarti e ad attentare alla tua vita, la vita del mio signore sarà conservata nello scrigno dei viventi presso il Signore, tuo Dio, mentre la vita dei tuoi nemici egli la scaglierà via come dal cavo della fionda.
Certo, quando il Signore ti avrà concesso tutto il bene che ha detto a tuo riguardo e ti avrà costituito capo d’Israele, non sia d’inciampo o di rimorso al mio signore l’aver versato invano il sangue e l’essersi il mio signore fatto giustizia da se stesso. Il Signore farà prosperare il mio signore, ma tu vorrai ricordarti della tua schiava”. Davide disse ad Abigàil: “Benedetto il Signore, Dio d’Israele, che ti ha mandato oggi incontro a me. Benedetto il tuo senno e benedetta tu che sei riuscita a impedirmi oggi di giungere al sangue e di farmi giustizia da me. Viva sempre il Signore, Dio d’Israele, che mi ha impedito di farti del male; perché, se non fossi venuta in fretta incontro a me, non sarebbe rimasto a Nabal allo spuntar del giorno un solo maschio”. Davide prese poi dalle mani di lei quanto gli aveva portato e le disse: “Torna a casa in pace. Vedi: ho ascoltato la tua voce e ho rasserenato il tuo volto”.

L’OPERA

Il Capella in realtà si attenne assai poco al testo biblico: in effetti le ricche offerte si riducono a null’altro che ad una cesta di pane (anche se rappresentante una raffinata “natura morta”).

Anche il viaggio di Abigail è appena accennato dalla presenza di una testa d’asino in primo piano e da un altro animale sullo sfondo. Tutta la scena in realtà è ricondotta al serrato dialogo fra i due protagonisti, plasticamente sottolineati dagli accentuati giochi chiaroscurali e fortemente caratterizzati nei gesti patetici e teatrali. Degna di nota anche la raffinatissima eleganza delle vesti di Abigail. Non manca poi un tocco del tutto personale: il volto del personaggio raffigurato in basso a destra è quello dell’artista stesso.

I Fabbricieri di San Martino commissionando l’opera al pittore avevano certo ben presente il significato simbolico della figura di Abigail: la donna “prudente”, considerata prefigurazione di Maria in quanto “advocata nostra”, cioè mediatrice della benevolenza divina verso gli umani peccatori, conciliatrice tra l’uomo e Dio.

a cura di Riccardo Panigada (Conservatore del Museo d’Arte Sacra San Martino)