Le Sagrestie

NOTE STORICHE

Il complesso delle tre sagrestie della Basilica di San Martino non rappresenta solamente un incredibile itinerario artistico, ma anche un vero e proprio atto di fede. Solo questa profonda motivazione rende comprensibile la loro complessa iconografia.

Si accede alla prima di esse dall’interno della Basilica, mentre la terza comunica con il palazzo Pellicioli (sede del Museo d’Arte Sacra San Martino). Le sagrestie non rispondevano, quindi, solo a finalità di ordine pratico, conservare gli arredi sacri o consentire agli officianti di prepararsi alla liturgia, ma ne assumevano una ulteriore, più ideale, ponendosi come luogo di passaggio e di mediazione fra lo spazio esterno e lo spazio interno, fra il tempo della vita degli uomini, che scorre nella città, e il tempo liturgico e rituale del culto.

LA PRIMA SAGRESTIA

Nel 1679 i Fantoni, guidati da Grazioso il Vecchio, padre di Andrea, iniziarono l’esecuzione degli armadi della Prima Sagrestia. La sala, ampia e di forma rettangolare, è coperta a volta e su ognuno dei due lati maggiori vi sono tre grandi nicchie con inseriti sei grandi armadi: i “credenzoni”.

Questi presentano nelle parti inferiori un tipo di ornato che discende da quello della “grottesca” manierista, mescolando il sacro ad un immaginario favoloso.

Il programma iconografico è di impronta fortemente controriformista e culmina con le raffigurazioni dei Padri della Chiesa, Agostino, Ambrogo, Gerolamo, Gregorio Magno e i gruppi statuari con la Gloria di San Martino di Tours e quella di San Pietro Martire simboleggianti il primato assoluto del magistero della Chiesa Cattolica su ogni forma di eresia.

LA SECONDA SAGRESTIA

La Seconda Sagrestia rappresenta un luogo di preghiera appartato e prezioso, dominato dall’altare in marmo di Andrea Peracca e racchiuso dalla volta a botte con gli stucchi di Gerolamo Sala e i dipinti del Cifrondi.

Nel 1692, quando venne stilato il contratto per le realizzazioni degli arredi lignei (i “credenzini”) era ormai Andrea Fantoni ad avere la conduzione della bottega di famiglia. Al suo fianco operò Gian Battista Caniana, che si occupò dei lavori di intarsio.

Il piano iconografico è assai complesso, animato da più di ottocento figure (figure allegoriche di Virtù, scene di martirio dai tratti fortemente drammatici, storie del Vecchio (la vita di Mosè) e del Nuovo Testamento (la vita di Gesù), che, in un gioco di continui rimandi simbolici ed allegorici, intessono una fitta trama di piani di lettura.

LA TERZA SAGRESTIA

La Terza Sagrestia si presenta ampia, luminosa, dominata dalla raffia raffnataizzati; di fiori, ne,i Gerolamo Sala,nata decorazione del soffitto a volta a botte con gli stucchi di Gerolamo Sala e gli affreschi di Giulio Quaglio.

L’elemento decorativo risulta dominante. Si passa dall’esuberanza dell’arte barocca della sagrestia precedente alla raffinatezza del rococò, ad una nuova poetica del “bello”, visto come piacevolezza ed eleganza ricercata.

Qui avveniva il Capitolo della Chiesa di San Martino.
Sulle due pareti lunghe, i ventinove scanni, opera della bottega dei Caniana, sono realizzati come bancali continui. Stupendi nel loro raffinato naturalismo sono gli intarsi che presentano una ricca varietà di fiori e frutti, strumenti musicali, paesaggi fantastici, giochi infantili, in alcuni casi arricchiti da delicati inserti in madreperla.